Reti per l’incontinenza: dal Piemonte un modello che funziona, altrove a che punto siamo?

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Riconoscere l’incontinenza urinaria non sempre è semplice: a volte, come abbiamo visto, la si può confondere con la poliuria (che in tanti casi è transitoria) oppure con altre situazioni.

Ancora più complicato, almeno per molti, è accettare di soffrirne: non è un caso che esista una forbice enorme tra i casi riconosciuti in Italia (circa 5 milioni) e quelli stimati (ben 10 milioni). Anche di questo abbiamo già scritto nel blog.

Chi ha problemi di incontinenza spesso non sa che ci sono delle agevolazioni fiscali messe a disposizione dallo Stato e dal Servizio Sanitario Nazionale: prima ancora di questo aspetto, non sa proprio a chi tra i tanti “specialisti dell’incontinenza” si debba rivolgere!

Per tutti questi motivi, alcune regioni hanno ritenuto di dover mettere a disposizione della propria popolazione residente le cosiddette “reti per l’incontinenza”.

Il capofila in questo genere di esperienza è il Piemonte, partito già nel 2004 con un “Progetto per la Rete di servizi per la prevenzione, la diagnosi e la cura dell’incontinenza urinaria”.

Le successive deliberazioni n. 51-3375 (11 luglio 2006) e 56-4073 (17 ottobre 2006) approvate dalla Giunta regionale, insieme alla n. 8-8779 (19 maggio 2008), hanno definito un vero e proprio sistema di “rete” in grado di intercettare la problematica e il suo livello di impatto sulla vita della persona, indirizzando poi la stessa verso le strutture più idonee per competenza.

La rete per l’incontinenza del Piemonte si sviluppa su tre livelli.

  1. Alla base ci sono i “Centri di primo livello”, distribuiti capillarmente sul territorio, dove sono presenti un urologo (o un ginecologo) e un fisiatra. A questi ci si può rivolgere, tipicamente dopo essere stati indirizzati dal medico di base, per il trattamento delle forme meno complesse di incontinenza urinaria.
  2. Salendo al 2° livello troviamo i “Centri specialistici di riferimento”, strutture più articolate in grado di gestire situazioni di incontinenza più complesse.
  3. All’apice, infine, c’è il “terzo livello” rappresentato dal Centro di Neuro-Urologia ed Unità Spinale del CTO di Torino, un reparto ospedaliero particolarmente specializzato rispetto al trattamento dell’incontinenza nel suo stadio più avanzato e problematico.

Il sito dell’ente spiega bene questa articolazione.

La persona che soffre di incontinenza in Piemonte viene avviata a un percorso che comincia con l’apertura di una cartella clinica di ambulatorio e che dura almeno un mese, dalla diagnosi alla cura passando per tutti gli esami necessari e gli eventuali interventi chirurgici che si dovessero rendere necessari.

Una volta “dentro” questo percorso non è necessario prendere appuntamenti, pagare ticket e fare le impegnative: è un po’ come essere ospedalizzati, anche se in realtà si sta a casa e si deve andare in un centro specializzato solo quando lo prevede il piano di terapia.

I risultati di questa rete per l’incontinenza del Piemonte a una decina d’anni dalla sua entrata in funzione sono stati presentati al 2° masterclass di uroginecologia della Società Italiana di Urologia, tenutosi a Matera nel febbraio del 2017, e sono lusinghieri: grazie alla rete, infatti, le persone guarite dall’incontinenza urinaria nella regione sono raddoppiate!

Questo esempio, virtuoso, resta – purtroppo – un caso piuttosto isolato: nel 2014 ha provato a seguirlo la Sardegna, con una delibera a cui ancora non corrisponde l’attivazione dei centri di primo, secondo e terzo livello; lo stesso discorso vale per la Basilicata, tanto è vero che le ultime informazioni risalgono al 2011.

Solo il Veneto sembra praticamente pronto a partire con una rete per l’incontinenza forte di ben 40 centri distribuiti su tutto il territorio regionale. Poi, più nulla.

Il quadro segue la fotografia delle agevolazioni messe a disposizione per gli incontinenti, che – come abbiamo visto – cambiano spesso da Regione a Regione o addirittura da ASL ad ASL, quindi da un Comune a un altro.

A fare le spese di una situazione così composita, sono spesso – e purtroppo – proprio le persone che soffrono di incontinenza urinaria, che faticano a destreggiarsi in un mare di indicazioni anche contrastanti e talvolta desistono, rassegnandosi a dover convivere con questo problema.

Le ultime notizie ci dicono però che il Ministero della Salute sembra ora intenzionato a “fare ordine” in questa situazione, invitando le diverse Regioni ad adottare il modello della rete per l’incontinenza del Piemonte: visti i risultati ottenuti a Torino e dintorni, sarebbe sicuramente un passo nella giusta direzione.

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